Cos'è
Dal 10 giugno al 2 luglio al Centro Verdi di via 25 Aprile, "Umberto FAINI Mostra antologica". Esposizione di opere dell'artista segratese.
L'inaugurazione si terrà il 10 giugno alle ore 18.
Giovedì 19 giugno alle ore 18 incontro con Umberto Faini: "Lettura, aforismi e altro".
Per organizzare incontri con l'artista, consultare la pagina Facebook Umberto Faini.
La produzione artistica di Faini, già insegnante presso la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, spazia dalla pittura astratta a quella figurativa con estrema cura del disegno e del colore.
Profondo conoscitore delle tecniche pittoriche tradizionali e moderne, ha eseguito importanti affreschi, tra cui uno ad Arcumeggia, intitolato "Allegoria della decorazione murale", e uno sulla facciata della chiesa della Madonna di Loreto a Chiessi, nell'isola d'Elba.
Una pittura, la sua, fatta di colori vivi, di paesaggi che parlano, di ritratti che raccontano storie.
La mostra è visitabile tutti i giorni dalle 16 alle 18.30
L’ingresso è libero
“Le varie stagioni passano, e non sempre in un ordine progressivo. Spesso, anzi, confondendosi, sovrapponendosi e alternandosi.
Si sa, le stagioni non sono che suddivisioni convenzionali, perciò è comprensibile che ad un superficiale sguardo possa risultare più semplice usare etichette sbrigative che entrare con viva curiosità nelle complessità di certi percorsi.
Molti sono i percorsi, i temi e i generi della pittura. Dalla figura alla natura morta, dal paesaggio alla grande composizione con figure, fino al piccolo formato, non solo inteso come schizzo preparatorio, ma anche come opera autonoma da osservare dalla stessa distanza da cui è stata fatta.
La nostalgia per le grandi composizioni con figure è rappresentata dall’affresco di Arcumeggia eseguito con quella adesione alla antica tecnica che gli permetterà di resistere a lungo. Quindi, da altre composizioni con figure tra cui un “arazzo dipinto” ricco delle raffigurazioni decorative tipiche dello storico genere.
I paesaggi: colline, nevicate, mari... salvo una primavera fiabesca e un vigneto infinito, sono tutti eseguiti ad olio, sul luogo, sia in grande che in piccolo formato. Quindi varie opere di fiori e frutti coi loro succosi cromatismi naturali.
Dopo una serie di vivi ritratti vi sono alcune vaghe simbologie sul tempo, l’infinito e cose di questo genere, che hanno stimolato una più oggettiva e nitida esecuzione. Inoltre qualche sguardo agli stessi mezzi della pittura: dagli strumenti materiali, come il cavalletto, i pennelli, la tavolozza a quelli lessicali come il colore, il segno e le misteriose iridescenze, come quelle dei CD catturate con lo stesso stupore con cui gli antichi guardavano i riflessi dei metalli, dei cristalli e dei tessuti.
Si prosegue, poi, prendendo spunto dai colori di una vellutata pesca, per una indagine sull’uso del colore puro nelle sue graduali mutazioni. Infine il quadro “l’arte e il vero” dove anziché essere un particolare dell’arte a confermare il vero è un particolare del vero a confermare l’arte.
Si conclude con un “oltremare” che rappresenta se stesso nelle sue variabilità. Quasi come un accenno ad un nuovo percorso dove i colori, con le loro vicende, potrebbero essere considerati, essi stessi “figure” della realtà. Dalla realtà e dal suo racconto la rappresentazione diventa immagine, così come l’immaginazione può diventare realtà.
Umberto Faini
Vitalità della luce
“Il colore, che vive senza le limitazioni di forme e chiusure, sembra muoversi, gradualmente, verso il suo simile o verso il suo contrario”. Così scrive Umberto Faini in uno di quei suoi libretti d’artista pinzati 10x15 cm i “dieciquindici”, che raccolgono disegni, dipinti, riflessioni o motti di spirito, piccole note. Modesti e amichevoli, senza spocchia, ma pieni d’orgoglio di un diuturno lavoro e del senso di dono: il quale mi par essere, con l’affetto per il colore e la figura umana, tanto lungamente indagata, la cifra più vera dell’opera sua.
Già dal titolo, Il colore inquieto – note e appunti sulla vitalità del colore (2020), ci metteva sull’avviso, se non di una inquietudine nel senso di lotta col colore – che non è – di un colore in movimento, di un essere cromatico vivo, che come una creatura vivente agisce per similitudine o per contrasto, come se fosse esso a guidare il pittore. E certo lo guida per la sua intrinseca forza nella scelta di disposizione delle opere sulla parete dell’ingresso di casa, una piccola villetta sommersa dal verde al Villaggio Ambrosiano in Segrate, che è anche in parte ormai studio, oltre a quello propriamente detto che ha dagli anni Sessanta in via Fiori Chiari a Milano. Al Villaggio, tra plichi di fogli disegnati, taccuini, dipinti dagli anni Cinquanta a oggi poggiati in piedi al pavimento, espone dietro il divano una serie di tele che, spesso eterogenee per temi, si tengono per sottili richiami cromatici – una deliziosa bambina seduta in poltrona su fondo rosa come fosse una nobildonna, campi colorati fioriti, paesaggi di colore come il Paesaggio sognato (olio su tela, 50x70 cm, 1990), nature morte ora di frutta ora di fiori.
Vorrei dire che è un cabaret di “quadri”, come piccole scene/momenti che si affacciano sul palcoscenico della visione, come sono poi i ricordi che sedimentano e, spesso con mutati riflessi e accenti, tornano alla soglia della mente. Tutto si tiene nel fluire della vita dell’artista Faini, che è soprattutto pittore ma anche eccellente disegnatore, illustratore, musicista e cabarettista, capace di sintesi fulminee come proprio del cabaret: talenti che si tengono come nell’uomo la naturalezza del parlare.
Colpisce, tra il resto dei dipinti sulla parete, una pesca su un fondo bruno spento che prorompe nel suo ricco mantello: di giallo e di rossi screziati di violetto e forse un punto d’azzurro e di verde. Quella buccia, vellutata al tatto dell’occhio, fosse aperta sarebbe uno di quei campi cromatici lavorati a tratteggi, come quello della tela che opportunamente le sta accanto.
Ecco che non ha senso parlare – per usare le consunte dicotomie figurativo/astratto – di astrazione, nelle opere di puro colore che paiono classificabili come aniconiche (pittura con resina acrilica, per solito) che sotto i suoi pennelli si alternano ai quadri evidentemente legati alla figura per decenni, già dagli anni ’70 (per esempio Aria sulla collina, 1972, o il “ragionare” cromatico del Contrasto attivo verde-rosso, 1974, entrambi 100x100 cm, e le serigrafie I Cieli del 1976) e fino a oggi. Sono queste opere, infatti, icone cromatiche, ossia immagini che figurano il colore per la sua forma propria, che si potenzia dall’incontro con altro colore, complementare o meno che sia. Sono estrazioni del colore dalla forma, e le lavorazioni a tratti, che ricordano il fare dei divisionisti come pure quello di un altro pittore della generazione di Faini, Piero Dorazio, si rivelano essere essenziali per estrarre il colore e dargli nuova e intensa forma, tra apparire e sogno.
E sono ancora incanto quasi infantile e vitalità della luce che si scorpora in colore le nature morte (come classificarle altrimenti?) in cui Faini ritrae dischi CD iridescenti, come moderni prismi di Newton, e come bolle di sapone che, nell’effimero esistere, celebrano la luce e l’arcobaleno che racchiude. Potente metafora della imperitura potenza del dipingere – ossia – del saper guardare.
Gianluca Poldi
Umberto Faini
Nasce a Milano nel 1933. E' segratese.
Dopo aver studiato alla Scuola d'Arte Applicata del Castello Sforzesco di Milano, frequenta l'Accademia di Belle Arti di Brera dove segue corsi di pittura con Aldo Carpi e di decorazione con Gianfilippo Usellini.
Insegna alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano (anatomia artistica) e ancora presso l'Accademia Carrara di Bergamo (pittura).
La sua produzione artistica ha spaziato dalla pittura astratta a quella figurativa con estrema cura del disegno e del colore.
Profondo conoscitore delle tecniche pittoriche tradizionali e moderne, ha eseguito importanti affreschi, tra cui uno ad Arcumeggia, “Allegoria della decorazione murale” e uno sulla facciata della Chiesa della Madonna di Loreto a Chiessi, nell'isola d'Elba.